Possiamo ancora usare le categorie del passato per definire le organizzazioni e il lavoro delle persone?
L’ornitorinco è un animale scoperto in Australia intorno alla fine del Settecento. Osservandolo, notiamo subito che è diverso dagli altri: ha natura di pesce, uccello e quadrupede e venne nominato paradoxus perché in-categorizzabile. Proprio queste sue caratteristiche e peculiarità sono utili per descrivere la metafora dell’organizzazione ornitorinco.
A guardarlo bene, si nota infatti che l’ornitorinco viene a galla per respirare come fa un mammifero, ma non ha ghiandole mammarie ed è oviparo, come uccelli e rettili. Non riuscendo a classificarlo in una categoria corretta, gli studiosi del tempo ne crearono una nuova, quella dei monotremi, dove trovano spazio anche altri animali, meno noti ma altrettanto buffi: l’echidna e lo zaglosso.
In Kant e l’ornitorinco1, Umberto Eco ci insegna che spesso, di fronte a un fenomeno sconosciuto, si reagisce per approssimazione: si cerca quella struttura, già presente nella nostra esperienza, che bene o male sembra rendere ragione del fatto nuovo.
Il primo tentativo che facciamo per capire quello che si vede è inquadrare l’esperienza nel sistema categoriale precedente che possediamo.
Ma allo stesso tempo le osservazioni empiriche possono mettere in crisi il quadro categoriale; e allora si cerca di riadattare il quadro, fino ad accorgersi che gli schemi stessi non potranno che essere revisionabili, fallibili e destinati a evolversi nel tempo.
Le aziende-ornitorinco: organismi ibridi
Le organizzazioni di oggi assomigliano sempre di più all’ornitorinco di Eco, perché si stanno sempre più ibridando. Organizzazioni che hanno sempre orientato il proprio business sul prodotto, oggi si sfidano su un’offerta di servizi, spesso però utilizzando le stesse procedure (categorie) e competenze del passato, a costo di enormi difficoltà e rischi.
Si pensi alla sharing economy che chiede alle aziende di trasformare radicalmente la visione delle proprie attività: prendiamo ad esempio in esame l’industria automobilistica, che modifica la natura dei propri ricavi, da vendita diretta delle auto prodotte, al loro affitto agli utenti, attraverso il car sharing o formule di affitto a lungo termine.
Allo stesso modo, altri settori richiedono nuove capabilities, competenze che permettono l’agire ibridato da un pensiero snello, laterale, flessibile. Siamo nella prospettiva della contaminazione dei saperi e di nuove modalità di business, legate a network e eco-sistemi molto lontani dal passato.
Talvolta, quello che si legge sui libri di pochi anni fa sembra già uno schema vecchio. La crescita delle opportunità e delle tecnologie (secondo lo schema cosiddetto Martech) va più veloce della capacità dell’uomo e delle organizzazioni di reagire.
Cambiare schema di riferimento
E quindi, come stare al passo? Quindi dobbiamo cambiare schema di riferimento, anzi far sì che si realizzino nuovi modi di lavorare e organizzarsi, rendendo le persone (noi stessi) simili all’ornitorinco: capaci di colmare i gap, affrontare sfide nuove, costruire ponti su distanze ignote, orientarsi nell’incertezza sviluppando organi, strumenti, capacità impensate e non ancora catalogate.
- Kant e l’ornitorinco. U. Eco, La Nave di Teseo, (prima ed. 1997)